La mano attraversa
Roberto Barni - a cura di curated by Davide Di Maggio (Mudima, Milan)
Io sono
essi sono
di Davide Di Maggio
“Sono convinto che anche all’ultimo istante della nostra vita ognuno di noi può cambiare il proprio destino”.
(cit Giacomo Leopardi)
Arte dell'universo è quella di Roberto Barni, teatro della rappresentazione che agita lo spazio e scuote il tempo. Lo spazio entità indefinita e non limitata che contiene tutte le cose materiali, che ne occupano una parte ed assumono nello spazio una posizione.
Le “cose” di Roberto Barni, hanno il privilegio non comune, di occupare una posizione importante dello spazio, una posizione forte, precisa.
Una nicchia esistenziale che diventa sostanza primaria e primitiva, un segno che sottolinea la potenzialità della sua scelta univoca verso la figura, punto focale dell'arte, che detiene la centralità del linguaggio in quanto portatrice dell'intenzione e del desiderio di potenza dell'immaginario.
Le figure di Roberto Barni fondano il loro desiderio di costituirsi un'arma che riesca a sconfiggere la volgarità contemplativa dell'uomo, gettato in un universo retto da ben altre figure che non fingono, anzi dichiarano il bisogno di un consumo portato verso la grande immagine dell'economia. L'arte di Roberto Barni rimanda ad un'altra economia, sostenuta da un immaginario che svolge una funzione erompente, quella di bloccare nella sosta lunga dello stupore, nella posa stupefatta della contemplazione, l'occhio esterno dello spettatore.
Il suo lavoro non trattiene il linguaggio sul piano della comunicazione comune, non parla attraverso maschere che appartengono al quotidiano, bensì assume sempre stati di forma originali e imprevedibili. La seduzione nasce dal bisogno di creare un varco è un lampo nel pratico inerte del quotidiano, uno stupore che lacera l’orizzontale impermeabilità attraversante lo scambio sociale.
“Io domando all’arte di farmi sfuggire dalla società degli uomini, per introdurmi in un’altra società” (C. Levi-Strauss). Roberto Barni soddisfa pienamente questa richiesta, il suo lavoro non è un desiderio di evasione, non è un tentativo di sfuggire la realtà, bensì il tentativo di introdursi in un altro spazio, di allargare un varco che normalmente sembra precluso. L’artista toscano opera per aprire quei varchi, per spostare la vista verso altro,
per esercitare il suo rapporto con il mondo. Un rapporto certamente mosso da pulsioni ambivalenti, da desideri che lo portano verso uno stato d’animo, all’incrocio di oscillazioni sentimentali e emotive che ne costituiscono l’identità e la probabilità esistenziale.
“Sei tu fra quelli che parlano o che mettono le mani in pasta?” (F. Nietzsche). A questa domanda, Roberto Barni, risponde affermativamente, nel senso di esibire le mani in pasta, ancora calde di lavoro, propedeutiche alla messa in opera dei suoi lavori, che sono il risultato di una concitazione creativa, che attraversa il suo campo fantastico e lo mettono nelle condizioni di poterne divenire il tramite.
Dunque all'artista spetta il compito di questa mediazione, attraverso il suo mettere e tenere le mani in pasta, che non significa certamente riduzione a un puro lavoro esecutivo, ma attivazione di un processo di condensazione e di abbreviazione che porta poi alla elaborazione finale della figura che raddoppia il teatro del mondo.
Esiste una metafisica nel lavoro di Roberto Barni, che lascia transitare la nostra voglia di entrarci. Il nostro occhio assedia la sua immagine, ne corteggia le fattezze, ma senza mai potere entrare in contatto con il suo movimento, quel movimento interiore che ne ha fondato la presenza. La verità del suo lavoro è la figura, intesa come presenza lampante e irrefutabile, tangibilmente ostentata allo sguardo esterno dell’arte ed anche a quello interno dell’artista stesso. La sua figura dunque non è l’effetto di una perizia semplicemente mentale, di un sapere razionale e trasmissibile all’infinito, ma è il risultato di una catena di associazioni, tra lucidità e abbandono.
Mentre l’uomo moderno tiene dentro di se il suo malessere interiore, Roberto Barni riesce a trasmetterci le emozioni più profonde. La sua arte diventa un vero e proprio spazio pulsante che penetra nell’animo dell’osservatore, attraverso la mitologia del mistero insondabile, che si nasconde dietro la conoscenza delle leggi fisiche. Quel mistero che ci porta ad interrogarci sul senso ultimo delle cose e sul perché della loro esistenza. La sua opera è fondante e carica di significati perché sposta l’attenzione sulla funzione reale piuttosto che estetica dell'arte. L'arte non è più imparziale ma è mossa da uno sguardo capace di osservare senza pregiudizi, e non può fare a meno di rivelare “la verità”, pura, aliena da qualsiasi artificio che possa alterare lo sguardo, tesa alla ricerca di una visione capace di cogliere la realtà nella sua essenza più autentica.
Al di là dei generi, il lavoro di Roberto Barni evolve nel tempo verso una sempre più precisa definizione di forme essenziali. I momenti miracolosi, quegli attimi in cui, l’occhio, la mente e il cuore sembrano disporsi sulla stessa linea e non rimane che fermare, in questo modo, un istante decisivo, sono insieme metafora e documento di quel che si è visto, di quel che si è.
Questa mostra, vuole porre una resistenza forte, per non essere a sua volta metabolizzata in una forma effimera che non le appartiene. Vuole riportare, attraverso i sensi, ad un alto livello percettivo che non implica il guardare, ma il vedere e il sentire.
Le sculture disseminate negli spazi della Fondazione Mudima, hanno forme e significati assoluti, non sono simboliche ma nascono dalla necessità di non creare nuovi simulacri passeggeri.
Come diceva Joseph Brodskj, l'arte è un “sommesso colloquio privato”. In un'epoca dove la comunicazione urlata e strillata ha superato abbondantemente il livello di guardia, l'arte di Roberto Barni non ha questo come obbiettivo, ma nasce dalla sua autorevolezza di creare un opposizione, una controffensiva efficace rispetto a questo fine. Grazie a quella che può essere considerata la funzione primaria del gesto artistico, Roberto Barni cerca di dimostrare che il mondo nel quale vorrebbe vivere esiste davvero. Non più un'arte solo esistenziale, autoreferenziale o che rappresenti la realtà, ma un'arte che duri nel tempo, navigando incolume nei mari in tempesta dei cambiamenti delle società, delle epoche e del pensiero.
Un'arte concentrata sugli aspetti essenziali, fondamentali, decisivi del pensiero universale, e ciò comporta un'intensità che non è presente nella realtà quotidiana un'intensità, priva di compromessi, che rappresenta in realtà la Vita, la vita vera, autentica, reale.
Il tempo umano scorre inesorabile, ma l'arte permette di varcare questa soglia e di diventare quasi immortali.
Lo spazio umano indissolubilmente legato al tempo, il tempo come metafora centrale dell'intera struttura di significato dell'opera d'arte e della vita.
Nella mostra, spazio, tempo e vita agiscono dalla profondità determinando un senso di armonia, di scambio reciproco, di tensione sequenziale verso la leggerezza, la sopportazione dell'essere, che si muove in uno spazio in cui le cose possono essere ripensate nuovamente, appunto lo spazio dell'arte.
Come un giardino, dove piantarvi delle esperienze ed estirparne altre, tenendo sempre aperti gli accessi, perchè non ci venga a mancare quando ne avremo bisogno.