Rotte che non si perdono nel mare
a cura di/curated by Davide Di Maggio
Rotte che non si perdono nei mari
di Davide Di Maggio
Anime gemelle non saremmo mai state. Eravamo due barche incontratesi in mezzo al mare, l'una aveva cambiato rotta per navigare per un po' nella stessa direzione dell'altra, su un mare deserto. Barche differenti, in viaggio per differenti porti, e lo sapevamo. Richard Bach ( Un ponte sull'eternità, 1984)
Le rotte di Giacomo Miracola, hanno sempre seguito direzione diverse senza mai perdersi, e avendo un preciso punto d'approdo e nel suo lavoro, attraversato da tematiche ordinarie e straordinarie, tempo e atemporalità, storia personale e storie di vita, si coglie l'importanza che ha avuto nel suo processo creativo la carta, che è sempre stata il filo conduttore dei suoi viaggi .
Quando si pensa all'arte contemporanea, vengono in mente dipinti, fotografie, installazioni e video, difficilmente si pensa alle opere su carta, il suo invece è un lavoro coraggioso, fatto di tecniche antiche come l'acquaforte, l'acquatinta e la xilografia, che pochi artisti usano, o non hanno mai avuto la forza di usarle, definandole vecchie e superate, non al passo con i tempi, come il nuovo che avanza , che di nuovo non ha nulla e neanche di vecchio e superato, perché spesso debole e inconsistente.
Per l'artista siciliano, invece, è un vero punto di fuga, fuga dalle certezze, dalle evidenze che nell'arte sono sempre più statiche e mutevoli che certe e determinate. L'arte non offre certezze, semmai le certezze confondono e fanno traballare.
L'arte non offre nemmeno la certezza che l'arte sia arte.
Lo spettatore in questa mostra di Miracola alla Scuola delle Cose, comincia il suo viaggio con un salto nel vuoto attraverso forme create dalla visione, ed è condotto in una dimensione differente dal reale percepito, in un'atmosfera di solitudine, che di fronte ad ogni opera d'arte dovremo imparare ad accettare, perche parte del nostro essere, riprendendo il sociologo polacco Zygmunt Bauman, è la solitudine del cittadino globale. Al la fine, pero, il disagio evapora perche si riesce a raggiungere un equilibrio, un crogiolo esistenziale, un luogo, in cui avviene una fusione di elementi differenti, fertile, un cuocersi lentamente, si, ma in una situazione piacevole, di cui ci si compiace, in cui ci si culla.
Quella che l'artista siciliano ci propone è una realtà che accade nello spazio e che ha un percorso vitale, in cui nasce e cresce. Le sue opere non sono il doppio della realtà, ma una contro-realtà, dove Miracola non è al servizio delle cose che ci circondano, ma sono le cose asservite e “manipolate” dalla sua immaginazione. La sua arte è il momento di una liberazione più grande che, come un virus benigno, si allarga dall'artista e invade per intero il corpo dell'osservatore e l 'approccio ai lavori esposti è davvero un’esperienza molto individuale.
Miracola si muove tra assenze e presenze, tra arte e non arte, certezze e incertezze, tra le quali si sposta con grande naturalezza e nella mostra, luogo, tempo, immagine e prospettiva, agiscono dalla profondità determinando un senso di scambio reciproco, di tensione sequenziale verso la leggerezza, la sopportazione dell'essere, che si muove in uno spazio in cui le cose possono essere ripensate nuovamente. Cose che ci riportano al Den Raum Beleben, (trasformare lo spazio) modificando non solo la percezione dello spazio fisico visibile, ma soprattutto quello mentale, quella nicchia esistenziale che ognuno di noi si costruisce nell'ambiente per cercare pace e serenità. Miracola distoglie lo sguardo dalle nostre certezze e dalla nostra realtà, e con le sue prospettive ci fa entrare in un altro luogo, un non luogo, dove procedere con cautela.
Spazi in cui milioni di individualità si incrociano senza entrare in relazione , sospinti o dal desiderio frenetico di consumare o di accelerare le operazioni quotidiane o come porta di accesso a un cambiamento, reale o simbolico.
I non luoghi sono incentrati solamente sul presente e sono altamente rappresentativi della nostra epoca, che è caratterizzata dalla precarietà assoluta, dalla provvisorietà, dal transito e dal passaggio e da un individualismo solitario. Le persone transitano nei non luoghi ma nessuno vi abita.
In questa mostra, però, esiste anche una metafisica nei lavori di Miracola che lascia transitare la nostra voglia di abitarci . Il nostro occhio fissa le immagini, ma senza mai poter entrare in contatto con il movimento, quel movimento interiore che ne ha fondato la presenza e che è la parte privata della stanza , quella accessibile solo all'artista.
La storia dell’arte ha già rappresentato l’idea di uno spazio destabilizzato nella sua visione convenzionale. La stanza ad esempio, per definizione, ha sempre costituito l’intervallo tra pubblico e privato, il perimetro tra azioni pubbliche e visioni private, segrete e vietate allo sguardo.
In tutte le sue rotte, la carta è il luogo d’elezione dell'artista siciliano, il luogo in cui si misura la ricchezza e la novità della sua ispirazione.
L'opera su carta, deve la sua forza alla sua natura precaria e fragile, a partire dalla leggerezza del supporto, la carta appunto. I lavori esposti di Giacomo Miracola assumono invece una posizione forte, precisa, diventando muri portanti al suo interno.
Prospettive reali e prospettive immaginarie che si rivelano come un’incomparabile testimonianza della fertile immaginazione del suo duro lavoro, uno spaccato delle infinite possibilità offerte dalle sue tecniche che pur riportandoci a tempi passati, anche in questa occasione, non mancano di rivelare la loro assoluta attualità, e dove c'é una linea che emerge dalle altre, una sottile linea d'ombra che come ha scritto Joseph Conrad, “...è ciò che divide le fasi della vita, la bellezza dalla banalità, la poesia dallo squallore, la geometria dal caos e l’opera umana dalla natura, che poi se ne riappropria. Si tratta di un confine labile e confuso, di una linea sottile che non è una barriera ma una frontiera, che ci permette di vivere in bilico o di tuffarci in una direzione ben definita. Allo stesso tempo è lo spazio che separa me da voi che mi leggete, ed insieme è il filo che tiene uniti i vostri pensieri alle mie parole, che collega menti, persone e vite diverse, altrimenti destinate a rimanere estranee”.
La linea d'ombra, è un ottimo criterio di giudizio a cui riferirsi, verso gli artisti che più si ammirano perché sono riusciti squarciare il tutt'altro che sottile velo di banalità che li separa da tutto ciò che è convenzionale o già noto.
Giacomo Miracola è senza dubbio uno di questi, e reinventa così lo spazio umano , la carta trattata diventa materiale sensibile dove agire attraverso il segno, dove concretizzare le proprie idee. Non più freddo contenitore di opere, ma parte integrante di esse.
Il percorso della mostra parte da questo concetto e si sviluppa negli spazi della Scuola delle Cose dove Giacomo Miracola, nel tentativo riuscito di rappresentare il suo mondo, mostra senza intermediazioni il significato della linea d'ombra e della vita stessa, fatta proprio di questi momenti, e navigando sicuro approda verso quel porto, il suo porto , senza avere mai perso la rotta.