Gabriele Basilico
Gabriele Basilico (Milano, 1944 - 2013), e’ probabilmente il fotografo di paesaggi urbani piu’ conosciuto al mondo. Nato a Milano nel 1944, si laurea in architettura nel capoluogo lombardo nel ‘73, ma abbandona subito la carriera per cui aveva studiato per dedicarsi alla fotografia.
All’inizio della sua carriera si dedica all’ indagine sociale. A cavallo fra gli anni ‘70 ed ‘80 l’influenza dei suoi studi in architettura si fa progressivamente spazio nella sua fotografia. Nel 1982 presenta il suo primo successo internazionale, Milano. Ritratti di fabbriche. Nel 1984 viene “arruolato” dal governo francese per la Mission Photographique de la DATAR, un progetto di documentazione della trasformazione del paesaggio. Basilico e’ l’unico italiano del gruppo di fotografi selezionati, e gli viene assegnata la tematica “Bord de Mer”.
Nel 1991 prende parte ad un’ importante progetto sulla citta’ di Beirut, che stava uscendo, devastata, da 15 anni di guerra civile. Fra le rovine si muovono sei fotografi, incaricati di imprimere nella memoria la devastazione creata dal conflitto libanese : Oltre a Basilico ci sono Rene’ Burri, Robert Frank, Joseph Koudelka, Raymond Depardon e Fouad Elkoury. Le fotografie scattate a Beirut segnano la sua definitiva consacrazione internazionale. Da quel momento fin alla fine della sua carriera, interrotasi nel 2013 a causa della morte di Basilico, il fotografo milanese realizza reportage su, in ordine sparso, Berlino, Rio de Janeiro, Shangai, Istanbul,la Silicon Valley, Roma, le valli del Trentino, Mosca.
Ha pubblicato oltre sessanta libri fotografici personali, ricevuto numerosi premi internazionali e le sue fotografie sono state esposte in tutto il mondo.
L’architettura delle aree urbane e le trasformazioni del paesaggio contemporaneo sono l’oggetto della ricerca fotografica di Gabriele Basilico, che puo’ essere considerato il primo grande fotografo di spazi architettonici, una figura che fino a quel momento non era mai esisitita. “ Mi ero dato una specie di missione” racconta Basilico, “testimoniare come lo spazio urbano si modifica. Oggi lo fanno in tanti, negli ultimi dieci anni e’ stato considerato il lavoro piu’ artistico che ci sia, e non c’e’ citta’ al mondo che non venga fotografata”.
Ma quando inizia a fotografare, ancora studente universitario , Basilico si dedica al reportage umanistico ed all’indagine sociale, seguendo l’ “‘onda” dei movimenti degli anni ‘60 e l’esempio del suo maestro ed amico Gianni Berengo Gardin. “Erano anni in cui la coscienza politica ti imponeva di uscire e fotografare il “sociale”: manifestazioni, cortei, operai…”
Solo in un secondo momento, gli studi di architettura si fecero progressivamente spazio nella sua fotografia trasformando Basilico in un “misuratore di spazio”, come amava definirsi lui.
Ma fotografare gli spazi urbani per Basilico non e’ semplicemente speculazione sull’ armonia delle forme. Le citta’ di Basilico sono il frutto dell’opera dell’uomo, il risultato delle trasformazioni sociali ed economiche dell’ epoca industriale e post-industriale.
Basilico crea un proprio stile, immediato e riconoscibilissimo per raccontare le citta’: uno stile documentale e analitico con cui sembra vivisezionare lo spazio urbano creato dall’uomo. Le sue foto non colgono l’attimo, non rubano immagini di vita cittadina come quelle di Berengo Gardin o William Klein, ma riproducono la complessita’ urbana attraverso uno sguardo aperto e contemplativo che rimanda a Walker Evans.
Nei suoi scatti e’ quasi del tutto assente la figura umana : “ La fotografia d’architettura, nella grande tradizione, e’ sempre senza persone, non ci sono presenze umane perche’ distraggono dalla forma degli edifici e dello spazio”, racconta Basilico. “Tendo ad aspettare che non ci sia nessuno, perche’ la presenza di una sola persona enfatizza il vuoto e fa diventare un luogo ancora piu’ vuoto. Mentre se lo fai vuoto e basta, allora diventa spazio metafisico, alla Sironi o alla Hopper”.
English
Gabriele Basilico is probably the best known urban landscape photographer in the world. Born in Milan in 1944, he graduated in architecture in the Lombard capital in 1973, but immediately abandoned the career he had studied for to devote himself to photography.
At the beginning of his career he devoted himself to social investigation. At the turn of the 70s and 80s, the influence of his studies in architecture gradually made its way into his photography. In 1982 he presented his first international success, Milan. Portraits of factories. In 1984 he was “enlisted” by the French government for the Mission Photographique de la DATAR, a project to document the transformation of the landscape. Basilico is the only Italian of the group of selected photographers, and is assigned the theme "Bord de Mer".
In 1991 he took part in an important project on the city of Beirut, which was emerging, devastated, by 15 years of civil war. Six photographers move among the ruins, charged with imprinting the devastation created by the Lebanese conflict in memory: In addition to Basilico, there are Rene ’Burri, Robert Frank, Joseph Koudelka, Raymond Depardon and Fouad Elkoury. The photographs taken in Beirut mark its definitive international consecration. From that moment to the end of his career, which was interrupted in 2013 due to the death of Basilico, the Milanese photographer made reportages on, in no particular order, Berlin, Rio de Janeiro, Shanghai, Istanbul, Silicon Valley, Rome, the valleys of the Trentino, Moscow.
He has published over sixty personal photographic books, received numerous international awards and his photographs of him have been exhibited all over the world.
The architecture of urban areas and the transformations of the contemporary landscape are the subject of photographic research by Gabriele Basilico, who can be considered the first great photographer of architectural spaces, a figure that had never existed until that moment. “I had given myself a kind of mission” says Basilico, “to testify how the urban space changes. Today many do it, in the last ten years it has been considered the most artistic work there is, and there is no city in the world that is not photographed ".
But when he started photographing, still a university student, Basilico devoted himself to humanistic reportage and social investigation, following the "wave" of the movements of the 1960s and the example of his teacher and friend Gianni Berengo Gardin. "Those were years in which the political conscience required you to go out and photograph the" social ": demonstrations, parades, workers ..."
Only later did the architecture studios gradually make their way into his photography, transforming Basilico into a "space meter", as he liked to call himself.
But photographing urban spaces for Basilico is not simply speculation on the harmony of forms. The cities of Basilico are the fruit of man's work, the result of the social and economic transformations of the industrial and post-industrial era.
Basilico creates his own style, immediate and highly recognizable to tell the city: a documentary and analytical style with which he seems to vivisect the urban space created by man. His photos do not capture the moment, they do not steal images of city life like those of Berengo Gardin or William Klein, but reproduce urban complexity through an open and contemplative gaze that refers to Walker Evans.
The human figure is almost completely absent in his shots: "Architectural photography, in the great tradition, is always without people, there are no human presences because they distract from the shape of buildings and space", says Basilico. "I tend to wait until there is no one, because the presence of only one person emphasizes the void and makes a place even more empty. While if you just make it empty, then it becomes a metaphysical space, a la Sironi or a Hopper ".