Mario Ceroli
Castelfrentano (Chieti), 1938
Conclusi gli studi all'Istituto d'Arte di Roma, nel 1958 vince il premio per la giovane scultura alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma ed espone opere in ceramica alla galleria San Seba-stianello. Rifuggendo quasi subito dai materiali della scultura tradizionale, in una collettiva del 1964 presenta lavori in legno grezzo, del tipo utilizzato per gli imballaggi; fonda così la propria riconoscibilità - su cui interviene con sporadici interventi di colore - effigiando oggetti d'uso quotidiano, Lettere e Numeri, giungendo poi agli stereotipi di figure umane tra il 1964 e il 1965 (in realtà Ceroli aveva creato delle opere costituite da tronchi d'albero con infissi grandi chiodi già alla fine degli anni cinquanta, la serie venne però in gran parte distrutta dall'artista stesso). Ceroli rinnova il linguaggio aulico della scultura, ne destituisce il valore "nobile" elaborando sculture con un recto e un verso, un double-face che nega il tutto tondo ma che giocando sui pieni e sui vuoti conferisce all'immagine un effetto volumetrico tale da contrastare il supporto. Dal 1965 in poi le silhouette si stagliano nel vuoto, vivono all'interno dello spazio, ripetute le une accanto alle altre secondo una coazione a ripetere. Nell'estate del 1966 la Biennale di Venezia gli conferisce un premio per Cassa Sistina, "architettura" praticabile dal pubblico, inaugurando quella stagione dell'arte italiana che sconfina nell'environiment, nel cinema e nello spettacolo (Ceroli svolgerà una intensa attività come scenografo teatrale riscuotendo grandi consensi con il Riccardo III ). Nel periodo in cui soggiorna negli Stati Uniti - esponendo alla Benino Gallery di New York nell'aprile 1967 - Gillo Dorfles redige un'esauriente descrizione delle opere del periodo: "Si veda la Grande Scala, con quelle figure statiche e allucinate, eppure estremamente drammatiche, con il curioso e sconcertante gioco delle ombre scolpite. O si veda la grande composizione del Piper, questo groviglio fitto e insieme aereo di danzatori che, pur nella così elementare sintassi delle silhouette lignee, riesce a evocare il movimento, la frenesia della danza e al tempo stesso a comporre un tutto articolato e pregnante. O La Casa - che ricorda solo alla lontana certe scatole della Nevelson - carica di misteriosi trabocchetti, di invenzioni gustose, e che permette persino allo spettatore un diretto intervento sul gioco di certi profili. Per un breve periodo Ceroli condivide le poetiche dell'Arte povera (figura in due importanti mostre organizzate da Celant: Arte povera e Im/Spazio alla Bertesca di Genova e Arte Povera alla galleria De' Foscherari di Bologna) utilizzando mattoni, gommapiuma, stoffe, stracci, plastica, paglia, foglie secche, reti metalliche, alluminio, acqua, terre. Ceroli si mantiene però fedele al linguaggio degli esordi ritornando ad assemblare silhouette di legno. Nel corso degli anni settanta,_fino ai novanta, "rivisita" opere di Michelangelo, Leonardo, Botticelli, Paolo Uccello, de Chirico, Goya e capolavori quali i Bronzi di Piace, senza per questo rinunciare all'uso di marmi policromi, vetro o bronzo. Ceroli compie un ritorno alle origini del fare, alle grandi matrici storiche che sono il punto di partenza della sua ricerca, non foss'altro perché nel lontano 1957 un viaggio ad Assisi gli rivelò l'arte di Giotto, "la sua pittura che da un'illusione di profondità, le sue figure schiacciate e compresse, come ritagliate nello spazio", esperienza riconosciuta determinante per lo sviluppo delle sue sagome in legno
Ha realizzato numerose istallazioni monumentali: "Piazzetta dell’Orientale", 1972 e "Teatro", 1989 a Portorotondo, "Squilibrio", nella Sala Voli Internazionali dell’Aeroporto di Fiumicino, 1986; "Cavallo alato", Centro Direzionale RAI di Saxa Rubra, Roma, e "Squilibrio" a Vinci, ambedue 1987; "Goal-Italia’90", Foro Italico, Roma, 1990, "Silenzio: Ascoltate!”, Fortezza da Bass, Firenze, 2007.
Ha curato l'arredo della chiesa di Porto Rotondo (1975) e di quella di Santa Maria Madre del Redentore di Tor Bella Monaca, a Roma, nel 1988 e quella del Centro Direzionale di Napoli (1990).