Sabrina Mezzaqui
Sabrina Mezzaqui, ((Bologna, 1964)
Molti suoi lavori sono una materializzazione dello scorrere del tempo, mettendo in gioco il senso del fare manuale nella ripetizione per ore e ore di gesti minuti (infilare perline, ritagliare, piegare, disegnare piccoli motivi,…). Nelle opere spesso compare la scrittura (brevi testi, memorie, riferimenti letterari, libri rimaneggiati,…). Anche i suoi video raccontano di tempi lenti, registrando variazioni di luce o semplici fenomeni naturali come il pulviscolo nei pressi di una finestra socchiusa o le stelline riflesse dal sole sulle onde o la neve che cade.
Mostre Personali: 2019 La vulnerabilità delle cose preziose, a cura dell’Associazione Culturale Dello Scompiglio, Tenuta dello Scompiglio, Vorno (LU); 2017 Autobiografia del rosso, Galleria Continua, San Gimignano; 2016 I quaderni di Adriano, Galleria Massimo Minini, Brescia; 2014 Appello ai meditanti, a cura di Cristiana Colli e Mariella Utili, Galleria Nazionale – Palazzo della Pilotta, Parma; Una forma di attenzione (in dialogo con Antonella Anedda), a cura di Silvana Vassallo, Galleria Passaggi, Pisa; Il bianco tra le parole, in Ciò che ci rende umani, a cura di Teatro Valdoca, Cripta della Chiesa di Santa Cristina, Cesena; La saggezza della neve, Galleria Continua, San Gimignano; 2012 Sabrina Mezzaqui, a cura di Anna Cestelli Guidi, in Libri come – Festa del libro e della lettura, Auditorium – Parco della Musica, Roma; The Dormancy of the Seed/La dormienza del seme, a cura di Giorgio Guglielmino, Bengal Art Lounge, Dhaka (Bangladesh); 2011 Ciò che la primavera fa con i ciliegi, Galleria Continua, San Gimignano; Sabrina Mezzaqui, Aoristò, Pistoia; 2010 Giocatori di perle, Galleria Continua, San Gimignano; La realtà non è forte, Sala Gandini del Museo Civico d’Arte, Palazzo dei Musei, Modena; Forse noi siamo qui per dire: casa, ponte, fontana, brocca, albero da frutti, finestra, L’Ozio, Amsterdam; 2009 Equipaje de mano/Bagaglio a mano, a cura di Verusca Piazzesi, Istituto Italiano di Cultura – MOCA, Buenos Aires; 2008 Mettere a dimora, Galleria Continua, San Gimignano (SI); 2007 Come acqua nell’acqua, a cura di Angela Tecce, Castel Sant’Elmo, Napoli; 2006 Quando le parole atterrano, Galleria Massimo Minini, Brescia; C’è un tempo, a cura di Elena Volpato, GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna, Torino; 2005 Sabrina Mezzaqui, a cura di Karen Allen e Lee Newman, One Severn Street, Birmingham, (GB); Sottolineature, Galleria Continua, San Gimignano (SI); 2004 Ecco adesso, Galleria Continua, San Gimignano (SI); 2002 Le mille e una notte (Radio Tunisi), a cura di Peter Doroshenko, INOVA, Milwaukee, WI (USA); Vocabolario, a cura di Alessandra Pioselli, Viafarini, Milano; 2001 Fioritura, Galleria Graffio, Bologna; Il pomerigio è troppo azzurro, Galleria Massimo Minini, Brescia; Carezze, Galleria Continua, San Gimignano (SI), 2000 Pagina di quaderno, Galleria Graffio, Bologna; Pensieri in sottofondo, a cura di Roberto Daolio, Palazzo Tozzoni, Imola (BO); 1999 Messaggi inviati, a cura di Francesca Pasini, Galleria Massimo Minini, Brescia; 1998 Le mille gru, Galleria Graffio, Bologna; Sabrine (con Sabrina Torelli), a cura di Francesca Pasini, Care of, Cusano Milanino (MI); D’arte e d’artificio (con Giovanni Albanese), a cura di Valeria Tassinari, Spazio Aperto-GAM, Bologna; 1997 Senza titolo, a cura di Alessandra Borgogelli, Galleria Graffio, Bologna; 1996 Esercizi di concentrazione, Galleria Graffio, Bologna.
English
Sabrina Mezzaqui manages, through a reflective process of self-imposed discipline, to revitalize and express in concrete images and objects the essential detachment from words. The principle of distance, cultivated in the secret rooms of an intimacy that is reflected in her life choices and her periods of isolation and “suspension”, reverberates in a practice – as minutely detailed as it is compulsive – where construction and deconstruction succeed one another. What emerges in all her work, governed as it is by the unwritten rules of a relationship with the world filtered through a literary and diaristic dimension (like a constant background sonority), is the magical concreteness of doing and of a highly concentrated and iterative manuality which is seductive in its meticulous adherence to the apparent simplicity of a sign (or gesture) immersed in the temporal suspension of the ritual. It is almost a way of exorcizing the ineluctability imposed by external, exterior rhythms while, at the same time, being an evocative reference to the “feeling” of memory.