Vite Sospese
a cura di/curated by Davide Di Maggio
ALESSANDRO BERGONZONI
VITE SOSPESE
BILL VIOLA
a cura di Davide Di Maggio
In collaborazione con: Bill Viola Studio, New York
Courtesy per il video: Electronic Arts Intermix Inc. (EAI), New York
La Fondazione Mudima è lieta di ospitare nei propri spazi la mostra di Alessandro Bergonzoni e Bill Viola. L’idea di mettere insieme questi due artisti è venuta al curatore Davide Di Maggio perché entrambi, seppure di formazione e provenienza diverse, si sono sempre occupati della condizione umana, dell’incertezza e del rischio che caratterizzano l’avventura dell’uomo nel cosmo. Entrambi hanno avvertito l’angoscia che immancabilmente sale dalle profondità dell’essere e le hanno dato voce e immaginazione.
L’uomo è una creatura che nasce debole, fragile, nuda, priva di difese naturali e bisognosa, più di qualsiasi essere, dell’aiuto dell’altro da sé. Neppure l’istinto gli viene in soccorso, non avendo l’uomo la sicura determinazione degli animali, dal momento che l’intelligenza parrebbe fatta apposta per confonderlo nel dubitare incerto.
La mostra si svolge in tre momenti e spazi differenti. Le installazioni di Bergonzoni occupano i primi due piani ed è solo alla fine che Bill e Alessandro si incontrano idealmente, ma volutamente, in quella destinazione metaforica e metafisica che è soglia tra invisibile inviso e visibile.
Il percorso si apre con l’installazione di Bergonzoni dal titolo Attenzione! Incarichi sospesi che è un avviso a tutti i “naviganti” sulla terra, come a dire: “Occhio, guardatevi dall’alto!”.
Qualcosa pende sulle nostre anime, incombe non solo sulla testa di tutti, vicini o lontani: accorgersene racconta come non si è curato il tetto del mondo, per salvarsi e salvare, proteggere e proteggersi, lì sul nascere, prima di smettere di farlo.
Da questo apparente altrove, proibito ai più, si passa a un altro piano, il primo in tanti sensi, quando ci si trova a varcare un limite dell’immaginario.
Il pubblico è chiamato a effettuare un attraversamento dello spazio, facendo attenzione, questa volta, a “dove puntare i piedi e non i cannoni”. L’installazione dal titolo La culla dell’inciviltà crea d’impatto un moto surreale e paradossale. Scrive nel suo testo Bergonzoni: “Le bare non cullano, le culle non galleggiano, nell’universo ormai troppo ‘sterminato’ e seminato a bambini...”.
E solo dopo essersi incamminati, con cautela e circospezione massima, in questo “calpestamento” (metafora del fatto e del non-fatto dall’uomo), si giunge davanti al video The Reflecting Pool (videotape, 1977-1979) di Viola. L’opera descrive la morte e la rinascita dell’individuo nel mondo naturale, un battesimo in un mondo di immagini virtuali e percezioni indirette. Un uomo emerge dalla foresta e si trova davanti a uno specchio d’acqua. Si tuffa e il tempo si ferma improvvisamente. Il tempo diventa esteso e scandito da una serie di eventi visti solo come riflessi nell’acqua.
Sta scritto nel sito ufficiale di Bill Viola: “Le sue opere si concentrano sulle esperienze umane quali la nascita, la morte, la rinascita, lo sviluppo della coscienza e hanno radici nella filosofia e nella cultura orientale e occidentale e nelle tradizioni spirituali, tra cui il buddhismo zen e il misticismo cristiano. Nella sua produzione artistica l’acqua è un elemento centrale e ricorrente in quanto simbolo della vita e dello scorrere del tempo. L’acqua, oltre a rappresentare la soglia tra visibile e invisibile, è la fonte e l’origine di tutte le esistenze possibili, da cui provengono e a cui ritornano tutte le forme viventi”. Le tematiche di vita, morte e rinascita, del salvare, avere e dare cura, senza vendette antropologiche né crudeltà collaterali, in nome della ragione o del torto, sono sempre state alla base dell’opera dei due artisti.
La percezione concreta della morte aiuta a renderci conto della nostra (im)permanenza, a percepire come stiamo abitando e arredando la nostra vita, e magari a captare e tradurre tutto quello che ci circonda, nell’avvertire ogni universo.